LA DIVINA COMMEDIA
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La Commedia è l’opera più celebre di Dante, uno dei testi più conosciuti della nostra letteratura. Tanto antica quanto moderna. Diversi sono le terzine che rimandano a concetti contemporanei, anche se scritti nel 1300. Concetti più che attuali, assolutamente moderni. Alcuni delle terzine sono rispondenti a situazioni dei nostri giorni, che potrebbero benissimo essere accadute oggi.
NEL MEZZO DEL CAMMIN DI NOSTRA VITA
INFERNO – CANTO 1 Versetti 1-6
« Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita. »
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Dante ci sta raccontando che, giunto alla metà del cammino della vita umana (della nostra, non solo della sua), si accorse di essere capitato in una selva tenebrosa, avendo smarrito la strada maestra. E’ notte, ed è una notte di luna piena. Nella selva oscura Dante si ritrova intorno ai 35 anni. È un Venerdì Santo (la data è stata ricavata dall’anno di Grazia che è il 1300 e dalla data di nascita di Dante che è il 1265). Quello di cui si discute ancora è se il Venerdì Santo nel 1300 cadde sull’8 aprile o sul 25 marzo. Siamo comunque in prossimità dell’equinozio di primavera.
PARADISO – CANTO XV Versetti 31-36
Così quel lume: ond’io m’attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui:
chè dentro a li occhi suoi ardeva un riso
tal, ch’io pensai cò miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso.
NAVE SENZA NOCCHIERE
PURGATORIO – CANTO VI Versetti 76-78
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
SI PERDEA LA SENTENZA DI SIBILLA
PARADISO – CANTO XXXIII Versetti 164-166
Così la neve al sol si disigilla;
così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla
Come il tepore del sole che priva la neve, squagliandola, della sua effimera compattezza, e il refolo di vento, che scompaginava le foglie leggere su cui la Sibilla Cumana aveva scritto le parole dei suoi responsi oracolari rendendoli indecifrabili, varranno forse lo sventato fervore della memoria, che altera e confonde le immagini nel tentativo di evocarle. Certo, la bellezza di questi versi fa spavento.
La frase latina “ibis redibis non morieris in bello” è, tradizionalmente, il responso dato dalla Sibilla a un soldato andato a consultare l’oracolo sull’esito della propria missione. La frase, come tutti i responsi oracolari, è volutamente ambigua (“sibillina”, appunto) e offre una duplice interpretazione, a seconda da come si vuole usare la punteggiatura.
Se, infatti, si pone una virgola prima di “non” (ibis redibis, non morieris in bello), il significato del responso è “Andrai ritornerai, non morirai in guerra”. Diventando, perciò, l’equivalente di “ibis redibis numquam peribis”, ovvero “andrai tornerai non morirai”, prefigura un esito senza dubbio positivo della missione;
Se, invece, la virgola viene spostata dopo la negazione (ibis redibis non, morieris in bello), il senso cambia fino a trasformarsi nel suo esatto contrario: “Andrai non ritornerai, morirai in guerra”. La missione del povero soldato, in tal caso, avrà un esito assolutamente negativo.
GALEOTTO FU IL LIBRO E CHI LO SCRISSE
INFERNO – CANTO V Versetti 127-138
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
Racconta della storia di Paolo e Francesca e del perché sono ora all’inferno. Francesca racconta che un giorno per svago, senza essere insospettiti da alcun presentimento, lei e Paolo leggevano insieme un romanzo francese, dov’era narrata la storia d’amore di Lancillotto del Lago e Ginevra la Bella, moglie di Re Artù. Più di una volta la lettura costrinse i loro sguardi ad incrociarsi, i loro visi a scolorare, ma a sopraffarli fu una pagina, un versetto. Quando lessero del bacio di Lancillotto a Ginevra, anche loro furono sopraffatti dalla passione e si baciarono. la lettura fu interrotta dal marito zoppo e dal doppio omicidio che causò la morte di Paolo e Francesca.
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